La triplice cinta

Una curiosa scoperta avvenuta durante i lavori di restauro nel 2001 è il mattone Romano inciso a secco, presumibilmente in epoca medioevale, con tre quadrati concentrici collegati da quattro tratti perpendicolari a metà dei lati e tre caratteri racchiusi al centro somiglianti alle lettere AB seguite da una croce

Il simbolo, detto triplice cinta, è diffuso in tutta Europa a cominciare dalle sopravvissute incisioni rupestri delle popolazioni celtiche ed è stato utilizzato con molteplici significati nel corso della storia successiva.

L’interpretazione prevalente rimanda al luogo o al tempio inteso come città divina: la Gerusalemme dalle dodici porte (Apocalisse 21-10,27), Atlantide; o come livelli dell’interiorità umana.

Lo stesso schema si ritrova spesso dietro la scacchiera della dama e viene utilizzata per giocare a tris o filetto un gioco che consiste nell’occupare tre stazioni in fila con le proprie pedine.

Le varianti con cui sono state incise le centinaia di triplici cinte che sono state ritrovate e catalogate da tanti appassionati sono molte, possono prevedere diagonali e spesso hanno una specie di foro centrale nel punto dell’ipotetico incrocio dei segmenti perpendicolari. Nel nostro caso, non l’unico, il campo centrale è occupato da tre segni difficilmente interpretabili.

Una ipotesi che potrebbe avere qualche fondamento è legata alla somiglianza dell’iscrizione con un particolare dell’incisione sulla pietra tombale di un Duca Longobardo di Torino. Aubaldo governò la citta nel IX secolo e la sua vita non è molto documentata, la stele funeraria, riprodotta sotto a fianco del nostro mattone, è conservata al museo di antichità di Torino.

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Al di là di una vaga parentela morfologica, non abbiamo documenti che possano collegare tra loro le due iscrizioni. Il supporto del mattone ritrovato durante la demolizione di un muro interno della casa del Pingone è chiaramente un materiale di recupero di origine romana e l’incisione appare essere posteriore alla cottura dell’argilla. Se fosse valida l’ipotesi che fa risalire l’iscrizione al IX secolo si tratterebbe di un intervento precedente alla costruzione della casa e quindi il mattone potrebbe essere appartenuto ad una ulteriore muratura tra il suo primo utilizzo e quello nel luogo del suo recente ritrovamento.